Villa Templa Mare
Villa Templa Mare: Villa Barluzzi dal 1926
Villa Barluzzi, diventa residenza della famiglia di Giulio Barluzzi e Maria Anderson dal 1926 e i lavori di restauro del rudere saranno completati nel 1934. Egli trasformò le rovine fatiscenti della Chiesa di Sant’ Andrea del Pendolo nella sontuosa dimora estiva privata della propria famiglia e per tre generazioni la villa è stata di proprietà degli eredi Barluzzi.
In una nota del 1929 il Barluzzi afferma: “Il mio desiderio è di costruire un rifugio nel quale godere il panorama incantevole” e l’appellativo di “Villa Templa Mare” ricorda il suo stile contemplativo, progettato per la meditazione.
Nel suo lavoro di restauro predominarono la semplicità e l’impiego di forme nobili. In realtà la sua instancabile passione per l’architettura religiosa può chiaramente vedersi nella villa in cui ha messo in pratica il suo gusto per il neogotico.
I visitatori entravano nella villa attraversando un ampio portale con arco a punta che conduceva ad un grande corridoio con un rimarchevole soffitto a volta. Era decorato con due bauli e due ampi arazzi dell’Asia centrale. Barluzzi aveva acquistato la maggior parte degli arazzi nel corso di viaggi a Samarcanda. Il lavoro di ricamo floreale appeso al muro, utilizzato per coprire una finestra, proveniva invece dall’ India.
Un altro ottimo esempio dello stile di costruzione dei Barluzzi è il salone principale, che possiede dei soffitti insolitamente elevati ed è suddiviso in tre sezioni da due file di colonne che forniscono un fascino maestoso e romantico. La verticalità è qui messa in rilievo, anche gli arazzi appesi sulle pareti erano disposti verticalmente, creando la sensazione che tutto si diffonde verso il cielo. La stretta scala che conduce ai piani superiori è del tutto l’antitesi del monumentale. Delle corde con curve tondeggianti fissate ad anelli sulla balaustra assumevano una funzione di rudimentale sicurezza in modo affascinante.
I mobili erano sobri, appassionato di luce, l’architetto aveva creato numerose aperture di taglia differente, cosa che aveva dato luogo ad un certo ritmo alle pareti completamente bianche dell’immobile. Alcune porte erano antiche, recuperate dalla demolizione, altre fatte costruire su misura da parte di eccellenti artigiani locali. Le loro forme orientaleggianti riflettevano l’influenza arabo-siciliana caratteristica della costa amalfitana.
Una stretta scala conduceva ai piani superiori ed alle stanze da letto, tutte dei cubi bianchi con dei soffitti a volta semplicemente decorati. I colori erano in modo predominante neutrali in modo da non competere con l’essenziale bellezza dei volumi. La sola cosa che spiccava era l’originalità della vibrante pavimentazione, ricoperta da mattonelle di ceramica turchese di Vietri sul Mare. Le piastrelle descritte come pennellato, una tecnica di pittura manuale con grandi pennellate che spargono il colore in modo uniforme, avevano sostituito i pavimenti originali verso la fine degli anni ‘40. Giulio Barluzzi accolse questa innovazione maggiore verso la fine della sua vita, come se stesse iniziando ad esprimersi attraverso i colori, ma essi non distoglievano in alcun modo dal sentimento di sofisticata calma spirituale.
Per approfondire:
articolo di luglio 2015 della rivista The World of Interiors